Milano: piano di governo del territorio Una battaglia repubblicana conclusa positivamente di Franco De Angelis* L’approvazione del Piano di Governo del Territorio di Milano ha giustamente ottenuto ampio rilievo sulla stampa. E’ un atto realmente importante, non solo perché pone le premesse per ridisegnare la Milano dei prossimi trent’anni (cosa che, come è ovvio, non interessa solo i cittadini milanesi o lombardi, dato il ruolo che riveste Milano nel panorama nazionale), ma soprattutto perché inaugura un nuovo modo di gestire il territorio. Proprio questo, a mio avviso, è il punto fondamentale. E credo che dovrebbe essere per noi repubblicani motivo di riflessione, oltre che, come vedremo, di legittimo orgoglio. Evitando di addentrarci nei dettagli tecnici, di cui peraltro hanno già abbondantemente dato conto i principali quotidiani, vorrei soffermarmi sulla filosofia che sta alla base del PGT milanese. Mi permetto di iniziare con un ricordo personale. Nel 1986 ricoprivo la carica di assessore all’Edilizia Privata del Comune di Milano, e già allora fui obbligato a scontrarmi con una spiacevole evidenza: il Piano Regolatore Generale, voluto fortemente dalla sinistra nel 1980, a pochi anni dall’entrata in vigore si stava dimostrando uno strumento datato e inadeguato, che minacciava di tarpare le ali allo sviluppo della città. Erano gli anni in cui Milano, superando la sua fase industriale, si avviava a diventare la capitale del terziario: una trasformazione difficile, resa però inevitabile dalle mutate condizioni economiche. Si trattava, come poi si è visto, di una grande opportunità e sarebbe stato logico che l’amministrazione facesse quanto era in suo potere per agevolare questo percorso. Quantomeno, così sembrava a me e a tutti gli amici repubblicani che si occupavano della cosa pubblica. Purtroppo, i nostri colleghi della sinistra non la pensavano allo stesso modo: tenacemente ancorati a una visione ormai superata della città, continuavano a difendere la vocazione industriale di Milano, appellandosi al PRG. Cominciammo allora una lunga battaglia, concettuale e politica, per uscire da questa logica e permettere alle forze più vitali della città di esprimersi. Proponemmo di adottare una prospettiva più ampia, considerando non solo l’area urbana in senso stretto (che a Milano, come noto, è piuttosto piccola), ma la città metropolitana che si stava formando, in modo quasi spontaneo, inglobando fasce sempre più estese dell’hinterland. E proponevamo, contestualmente, un dialogo più aperto con la società civile, cercando la collaborazione e non la contrapposizione. Non è stato facile. Per molti anni è stato giocoforza ricorrere allo strumento delle varianti al PRG. Ma non si trattava certamente di una soluzione ottimale: nella maggior parte dei casi le varianti intervenivano a cose fatte (o quantomeno avviate) per prendere atto di fenomeni già in corso. Meglio che nulla, certo: ma qualsiasi possibilità di intervento strategico o di visione globale si perdeva fatalmente per strada. Si continuava a lavorare, non senza un certo affanno, sull’immediato. La vera novità è che con il PGT questa stagione è finalmente sepolta. Oggi possiamo dire di avere messo a punto uno strumento moderno, flessibile e completo quanto basta per poter ragionevolmente indirizzare un corretto uso del territorio, area metropolitana inclusa, e un rapporto più collaborativo con il privato. In sostanza, quanto auspicavamo trent’anni fa. E’ motivo di particolare soddisfazione, per me, aver contribuito, in qualità di consigliere e capogruppo, all’approvazione di questo importantissimo atto, in cui ritrovo l’essenziale della cultura politica in cui noi repubblicani ci riconosciamo. Mi dispiace, per contro, che su un evento così fondamentale si sia scatenato il solito sterile gioco delle contrapposizioni strumentali: da un lato l’ostruzionismo aprioristico dell’opposizione, che per certi versi ricalca l’atteggiamento di chiusura della vecchia sinistra, e dall’altro i desideri di protagonismo di quanti si sono impadroniti, a mio avviso in maniera un po’ impropria, dei temi a maggior valenza mediatica (il verde, i parchi, il mix funzionale e così via). Personalmente preferisco pensare che, finalmente, una lunga battaglia iniziata dai repubblicani si è conclusa positivamente. Fornendo anche un grande segno di vitalità da parte della classe politica locale. Anche per questo ho accettato con entusiasmo l’invito di Francesco Nucara, che mi ha chiesto di sottoporre al Congresso una relazione. Cogliendo l’occasione, tratterò un tema che mi sta particolarmente a cuore, e che ritengo attuale: l’esigenza di far partire dal territorio i processi di rinnovamento che tutti auspichiamo. *Presidente Gruppo Misto a Palazzo Marino, Milano |